Vi è una difficoltà intrinseca nella misurazione del passaparola. Il solo monitoraggio delle conversazioni online sui prodotti o servizi non basta a capire qual è l’effetto generato dal passaparola sui consumi e di conseguenza sulle vendite. Inoltre vi è da capire qual è il confine tra il favorire la diffusione delle informazioni e pagare, anche attraverso incentivi di natura non monetaria, le persone affinché facciano questo.

Il primo studio sulle metriche di base del Word-of-Mouth risale al 1955 (Katz & Lazarsfeld) e successivamente i ricercatori hanno esaminato le condizioni per cui i consumatori fanno affidamento sulle opinioni altrui per prendere una decisione d’acquisto (Godes & Mayzlin, 2004), le motivazioni per cui le persone contribuiscono alla diffusione del messaggio e la variazione del livello di influenza verso gli altri soggetti. Si nota che i consumatori che sono stati acquisti attraverso un messaggio diffuso tramite passaparola generano maggior valore per l’azienda rispetto a quelli acquisiti tramite tecniche di marketing tradizionale (Villanueva, Yoo, & Hanssens, 2008).

Una interessante ricerca ha confrontato gli effetti che si producono attraverso la diffusione del messaggio pubblicitario tramite il Word-of-Mouth rispetto al marketing tradizionale (Trusov, Bucklin, & Pauwels, 2009). Il Word-of-Mouth può essere considerato un effetto endogeno poiché non influenza solo l’acquisizione di nuovi clienti, ma è anche di per sé influenzato dal numero di nuovi clienti. Pertanto, le tradizionali campagne di marketing possono stimolare indirettamente l’avvio del passaparola e generare un effetto diretto sull’acquisizione di nuovi clienti. Questi meccanismi comunicativi possono avere un effetto permanente sulla customer acquisition: ad esempio i nuovi iscritti a un sito web possono continuare ad arrivare spontaneamente anche quando la tradizionale campagna di marketing è terminata, poiché il passaparola innescato si autoalimenta.

In un’analisi pubblicata sulla Harward Business Review (Reichheld & Sasser, 1990) si introducono le ricerche per lo studio dei recommendation rates relativi a prodotti e servizi e vengono messi in relazione con l’aumento delle vendite. Reichheld ha introdotto un fattore, da 1 a 10, utile per rappresentare la probabilità che gli acquirenti di un prodotto lo consiglino agli amici e per prevedere il conseguente aumento delle vendite. Sottraendo le risposte negative e neutre (quelle degli acquirenti definiti “detrattori”) e aggiungendo le risposte positive (quelle degli utenti definiti “promoter”), si ottiene un net promoter score. Maggiore è il valore di quest’ultimo score e maggiore sarà l’aumento delle vendite dell’azienda. Tale indicatore è considerato l’unità di misura del Word-of-Mouth e rappresenta un importante strumento diagnostico utilizzato per l’analisi delle aree di business aziendali.

L’Associazione Word-of-Mouth Marketing Italia (WOMMI) ha definito alcune metriche standard per l’analisi delle campagne di passaparola sul web (2009):

  • Interaction rate – Numero di utenti che cliccano su un banner o applicazione
  • Time spent – Tempo che un utente spende nell’utilizzo di un’applicazione o un advergame
  • Video installs – Numero di player video installati nelle pagine web
  • Friends Reach – Numero di utilizzatori esposti al contenuto grazie al network di amici nei vari Social Network (propensione alla condivisione)
  • Conversation Relevant Sites – Numero di siti in cui viene citato il brand o il prodotto
  • Conversation Relevant Posts – Numero di post in cui viene citato il brand o il prodotto
  • Conversation Relevant Links – Numero di link diretti verso un post/blog pertinente al brand o al prodotto
  • Conversation Reach – Numero di visite uniche mensili generate dalle conversazioni online
  • Earliest/Latest Post Date for Conversation Relevant Posts – Primo ed ultimo post pertinente in base alla data

La World-of-Mouth Marketing Association (WOMMA) ha elaborato un codice etico con l’obiettivo di indicare delle linee di condotta destinate a tutti gli operatori di marketing che vogliono utilizzare le tecniche di diffusione virale delle informazioni e di passaparola. Il codice vuole evidenziare che le operazioni di Word-of-Mouth e di Viral Marketing devono guadagnarsi la fiducia dei consumatori, tutelando il loro diritto ad una comunicazione chiara e trasparente. Tale codice etico (Word of Mouth Marketing Association, 2009) basato sull’onestà è riconducibile a tre diversi ambiti:

  • onestà di relazione: rivelare sempre per conto di chi si sta parlando;
  • onestà di opinione: dire sempre ciò che si pensa nella maniera più sincera possibile;
  • onestà d’identità: mai nascondere la propria identità.