Google AdWords per Hotel: Gestire la Concorrenza delle OTA [Prima Parte]

Tutte le strutture ricettive che hanno scelto di inserirsi nel circuito delle OTA l’avranno notato: oltre ai costi diretti per le commissioni, la presenza su portali online e sui canali degli intermediari turistici nasconde un altro costo indiretto, legato all’aumento dei concorrenti sulla pagina dei risultati di ricerca di Google.

Ciò è particolarmente evidente per le prime posizioni, che ospitano gli annunci di Google Adwords. Il motivo è semplice: gli annunci a pagamento garantiscono – in presenza di determinati requisiti di qualità e di investimentouna rapida occupazione, nella pagina dei risultati di ricerca, delle posizioni “premium”, che si collocano al di sopra dei risultati organici. Terreno molto ambito dagli inserzionisti che fanno uso di Google Adwords.

Concretamente, si potrebbe verificare un problema di concorrenza intra-brand quando, a competere sulle stesse aste Google Adwords sono sia gli intermediari che la singola struttura ricettiva. Partecipare alle stesse aste vuol dire “biddare” sulle stesse parole chiave. Il risultato? OTA e hotel si trovano a competere con i propri annunci sulla stessa pagina dei risultati di ricerca che, oltre a generare una pressione competitiva che fa spingere verso l’alto i costi per clic delle parole chiave condivise genera un vero e proprio paradosso che intrappola la struttura ricettiva. Pensiamoci bene: l’OTA da partner di supporto per la vendita diventa un concorrente dell’hotel, ma non è un concorrente come tutti gli altri. Rispetto alla struttura ricettiva ha maggiori popolarità, affidabilità, reputazione online, e, ancora più importante, è in grado di generare economie di scala. Non c’è dunque una vera e propria competizione in Google Adwords ma un gioco fortemente sbilanciato verso le OTA che, teoricamente, vincono sempre.

Esiste allora un trade-off tra la decisione di intermediare una quota delle prenotazioni e quella di investire una parte del budget promo-commerciale in Google Adwords?

La risposta giusta è sì. Ma sappiamo benissimo anche sia la disintermediazione in toto sia la rinuncia ad utilizzare Google Adwords possono essere delle scelte molto miopi poiché precluderebbero l’accesso a determinati mercati e determinati target.

Ma come si può disintermediare in senso lato con la propria digital identity (qui l’articolo sui 4 suggerimenti per disintermediare dalle OTA), si può gestire strategicamente anche il trade-off in modo che si trasformi in win-win trade.

Ecco allora alcune strategie per massimizzare la propria performance sulla Rete Google Adwords in presenza di pressione competitiva da parte delle OTA.

“Conosci il tuo nemico e saprai come sconfiggerlo” (Sun Ztu, “L’arte delle guerra”).

Il punto di partenza? Guardiamo i terreni di giocole aste di parole chiave Adwords – in cui si muovono le OTA e, per ognuna di esse, definiamo le strategie.

 

Aste per parole chiave rappresentative del brand o del nome dell’hotel

Si stima globalmente che il 15% delle prenotazioni di Booking.com derivi da campagne su parole chiave composte dal nome o del marchio dell’hotel (fonte: Mirai, 2016: https://www.mirai.com/blog/how-much-does-booking-com-sell-with-adwords-of-your-brand/). Tipicamente, uno dei terreni di gioco in cui le OTA esercitano la loro pressione in Google Adwords è proprio quello delle keyword branded, e ciò accade per diversi motivi:

  1. Le parole chiave di brand sottendono una ricerca “transazionale”: gli utenti che fanno questo tipo di ricerche si trovano presumibilmente molto vicini al momento della prenotazione e, di conseguenza, acquisire i loro clic aumentano la probabilità che convertano sulla piattaforma. Proprio per questo motivo le campagne brand sono quelle che registrano i tassi di conversione più alti. A dimostrazione dell’intento transazionale di questo tipo di ricerche, possiamo verificare in Google Adwords, in corrispondenza di una campagna brand, i termini di ricerca che attivano gli annunci. Qui è molto frequente trovare combinazioni di termini che indicano che l’utente “ricercatore” si trova in una fase molto prossima alla conversione: brand + prezzi, brand + telefono, brand + data di soggiorno:

 

aste keyword

  1. Le parole chiave branded consentono di raggiungere una elevata pertinenza grazie alla quale, aumenta la probabilità di essere pubblicati nelle prime posizioni. Per Adwords la pertinenza è “il livello di utilità delle informazioni per il cliente” (fonte: Guida di Adwords https://support.google.com/adwords/answer/1722089?hl=it) e viene determinata in base alla coerenza tra keyword, annuncio e pagina di destinazione dell’annuncio. Se un utente cerca il nome del mio hotel e la OTA ha acquistato quella parola chiave il sistema mostrerà l’annuncio della OTA che, se conterrà il nome del mio hotel e rimanderà a una pagina rappresentativa del mio hotel (come la scheda della struttura) per Google sarà un risultato pertinente e meriterà una buona posizione, anche se non si tratta del sito ufficiale del mio hotel:

stanley hotel ppc

Cliccando sull’annuncio si verrà rimandati sul sito dell’OTA (Booking.com in questo caso):

scheda hotel booking ppc

  1. Se c’è pertinenza Google Adwords attribuirà all’inserzionista un punteggio di qualità alto che contribuirà a ridurre il costo per clic effettivo. Quindi le keyword branded hanno costi per clic convenienti.

 

Strategie per competere con le OTA per Campagne Adwords con Keyword di brand

Prima di tutto: assicuriamoci quale sia la dimensione della pressione competitiva esercitata dalle OTA sulle nostre keyword di brand.

Possiamo sì fare dei campionamenti direttamente sul motore di ricerca (o tramite lo strumento presente nella piattaforma Adwords, “Anteprima e Diagnosi Annunci”), ma per avere dei dati aggregati, se stiamo già facendo delle campagne con parole chiave di brand, esiste uno strumento ad hoc nella piattaforma, il Rapporto Informativo sulle Aste, raggiungibile da Dettagli> Informazioni Aste.

info aste adwords ppc

Selezioniamo la nostra campagna brand, apriamo lo strumento e possiamo leggere immediatamente informazioni sul comportamento degli inserzionisti che competono sulle stesse nostre aste – quindi, che acquistano le nostre stesse parole chiave di brand:

aste adwords

I primi tre indicatori del rapporto mostrano l’entità della pressione competitiva esercitata dai competitor. In questo caso, il competitor più “agguerrito” è Booking.com perché registra una quota impressioni (totale impressioni ricevute rispetto a quelle che era idoneo a ricevere) molto simile a quella dell’hotel e anche una posizione media molto prossima degli annunci. Infatti, anche la percentuale di sovrapposizione (la frequenza in cui i nostri annunci compaiono insieme a quelli del competitor) è elevata, maggiore del 65%.

Gli ultimi tre indicatori invece, forniscono un’indicazione sul rendimento delle campagne dei competitor. In questo caso, Booking.com ha raggiunto per il 63% dei casi una posizione più elevata dell’hotel nelle stesse aste – quindi è stato definito “più meritevole” da parte di Google – i suoi annunci si sono posizionati per il 94% dei casi al di sopra dei risultati organici contro il 91% dell’hotel e, infine, il nostro annuncio ha ottenuto un ranking migliore rispetto alla OTA sono per il 45% dei casi. Insomma, le nostre chiavi brand hanno funzionato più per Booking.com che per noi: esiste una minaccia reale.

Registrazione del Marchio e Brand Protection

Abbiamo visto che le OTA riescono a raggiungere le prime posizioni per le keyword branded presumibilmente anche per l’elevata coerenza tra keyword, annuncio e landing page, i tre pilastri alla base del concetto di “pertinenza”.

Rompere uno dei pilastri vuol dire minare il principio di pertinenza. Come? Attivando la procedura di tutela dei marchi.

In Google Adwords, la procedura di tutela dei marchi è un reclamo che un inserzionista, se in possesso di un marchio registrato, può effettuare contro altri inserzionisti che utilizzano il suo marchio. Il reclamo non inibisce la partecipazione degli altri inserzionisti alle aste per quella parola chiave ma impedisce loro di poter utilizzare il marchio nel testo degli annunci. Di fatto, ciò riduce la coerenza tra la keyword e il testo dell’annuncio (perché non conterrà la keyword stessa) e, di conseguenza, ne riduce la pertinenza.

Per poter accedere alla procedura occorre che il marchio sia stato registrato a livello nazionale presso l’Ufficio Italiano Marchi e Brevetti o comunitario presso l’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale o internazionale presso la World Intellectual Property Organization.

Attenzione! Se abbiamo a che fare con OTA che sono dei player internazionali non limitiamoci alla registrazione nazionale, che ci consentirebbe di attivare la tutela solo sulle pagine di risultati con il .it. Il mio consiglio è quello di guardare i nostri paesi e mercati targetanche in ottica prospettica, dato che la registrazione ha durata decennale – e in base ad essi optare per il tipo di registrazione.

Teniamo presente che, per essere protetto da Google, il marchio deve essere registrato in forma descrittiva. Se il marchio dovesse essere composto da termini generici e di uso comune, come “Hotel Milano” ad esempio, la registrazione potrebbe non andare a buon fine. In questi casi, è consigliabile rivolgersi ad un Esperto in Marchi e Brevetti per verificare se sia possibile ricorrere a degli escamotage, come la registrazione figurativa del logo con elementi verbali ad esempio.

Una volta completata la registrazione, con il codice identificativo del marchio in mano, si può compilare il modulo per i reclami relativi ai marchi. Si tratta di “reclami” perché, fedelmente ad un principio di common law, per poter tutelare il marchio occorre dimostrare che qualcuno lo stia utilizzando “confondendo gli utenti sull’origine del prodotto o servizio identificato dal marchio.

Sappiamo benissimo che spesso le OTA utilizzano dei testi standardizzati all’interno degli annunci, soprattutto per quanto concerne le estensioni:

 

In questo caso, il Grand Hotel Rimini potrebbe reclamare a Google che Booking.com, nell’estensione callout (“Tipi: Hotel, Appartamenti, Ville, Ostelli, Resort, B&Bs”) sta facendo riferimento a delle categorie ricettive che nulla hanno a che fare con sé (ostelli, ville…) e, di conseguenza, confonde gli utenti circa l’offerta ricettiva proposta dalla struttura stessa. Un consiglio: per dar maggiore forza al reclamo, riportare almeno 3-5 casi, anche su SERP di diversi paesi, sempre se rientrano nell’ambito di applicabilità della registrazione del marchio.

Ottimizzazione delle Campagne Brand

Migliorare la pertinenza delle proprie campagne brand

Nonostante le linee guida di Google suggeriscano di inserire, per ogni gruppo di annunci, 10-20 parole chiave, il mio consiglio è quello di rendere i gruppi di annunci quanto più specifici e granulari al fine di migliorarne la pertinenza. In questo modo, con gruppi altamente specifici costituiti da 2-3 parole chiave strettamente correlate è possibile personalizzare al massimo gli annunci per quelle parole chiave e le pagine di destinazione dei gruppi.

Ad esempio:

Gruppo di Annunci Parola Chiave Pagina di Destinazione
Brand + Last Minute Last Minute Hotel X Pagina con le offerte last minute
Brand + Prezzi Tariffe Hotel X Pagina Listino Prezzi Camere
Brand + Prodotto/Servizio Specifico Hotel X Offerta Gruppi Pagina con Offerte per Gruppi

 

Come avere delle idee per questi gruppi?

Qualche idea sulle “parole” con cui ci “nominano” i nostri clienti può derivare direttamente dalle conversazioni offlinele telefonate ad esempio – e online – l’analisi delle conversazioni sui social. Indispensabile inoltre consultare, almeno settimanalmente, i termini di ricerca branded che hanno attivato gli annunci (accessibili da parole chiave>termini di ricerca).

termini di ricerca adwords

Oltre che in termini proattivi, l’analisi dei termini di ricerca è utile anche per rilevare eventuali parole chiave non pertinenti che attivano i nostri annunci, ad esempio nei casi di omonimia tra strutture ricettive.

Ipotizziamo che il nostro hotel si chiami “Hotel Belvedere” e si trovi a Rimini. Se osserviamo tra i termini di ricerca che i nostri annunci si attivano per “Hotel Belvedere Roma”, inseriamo la parola “Roma” tra le parole chiave a corrispondenza inversa:

In questo modo ci assicuriamo che i nostri annunci non compaiano mai per le ricerche che contengono il termine “Roma”.

 

Fare in modo che le campagne brand siano visibili solo da chi ci interessa

Può capitare che gli annunci brand siano cliccati da utenti che “non ci interessano”, perché hanno già prenotato. Ad esempio chi cerca indicazioni sul come arrivare in struttura, oppure chi vuole verificare se la colazione sia o meno inclusa nel prezzo. E’ ovvio che per questi clic non si raccolgano conversioni perché…hanno già convertito!

Per questi target, ha senso abbandonare l’asta per le keyword branded perché manifestano intenti di ricerca informativi e non transazionali e i loro clic genererebbero esclusivamente costi senza alcun ritorno sull’investimento in Google Adwords. Lasciamoli pure alle OTA!

Ma come escludere questi utenti dalle campagne brand? Google Adwords ci offre due possibilità:

1 – Caricare manualmente gli indirizzi email dei clienti che hanno già prenotato

N.B. Perché funzioni sulle campagne in rete di ricerca, la lista deve contenere almeno 1000 indirizzi mail.

Sulla piattaforma Adwords, selezionare la voce “segmenti di pubblico” all’interno della “Libreria Condivisa” e selezionare +elenco per il remarketing>Email dei clienti

Da qui è possibile caricare il file .CSV che contiene le email dei clienti:

Una volta caricati correttamente gli indirizzi (ci potrebbero volere diverse ore), Google abbinerà le mail agli ID Google attivi popolando un segmento di pubblico. Se un indirizzo mail non ha un account Google corrispondente l’indirizzo non verrà incluso nella lista: per questo motivo, il segmento definito da Google potrebbe avere un numero di record inferiore rispetto al .csv caricato.

Per escludere questo segmento dalle campagne brand basta, in corrispondenza di esse, muoversi su “Segmenti di Pubblico” e da qui selezionare

+Targeting> Esclusioni> Aggiungi esclusioni alla campagna> Interessi e Remarketing>Elenchi Email dei Clienti

E a qui selezionare il segmento di pubblico dei prenotati:

2 – Escludere le prenotazioni effettuate con il booking engine

Se la struttura ha un Booking Engine integrato con Google Analytics e le prenotazioni sono correttamente tracciate (qui la guida sul come tracciare le prenotazioni con Google Analytics) è possibile escluderle creando tramite Google Analytics un segmento di pubblicoin pratica, un elenco di cookie che rappresenta il gruppo degli utenti che hanno fatto la prenotazione online.

Per poter creare il segmento di pubblico in Google Analytics da importare successivamente in Google Adwords occorre – oltre che aver collegato le due piattaforme – prima di tutto attivare dal pannello di Analytics la raccolta dei dati per il remarketing da Amministratore>Proprietà e da qui selezionare Informazioni sul Monitoraggio>Raccolta e attivare il pulsante:

Dopo qualche ora, si potrà verificare se il tag di remarketing si sia attivato guardando direttamente nella piattaforma Adwords, in Libreria Condivisa>Segmenti di Pubblico:

Per creare il segmento di pubblico dei prenotati via Booking Engine, occorre tornare al menù “Amministratore” di Google Analytics e selezionare la voce Definizione dei segmenti di pubblico>Segmenti di pubblico dalla voce “Proprietà” e cliccare su “Nuovo Segmento di Pubblico”:

Da qui si seleziona l’ultima voce, “Utenti che hanno completato una transazione”, che chiameremo ad esempio Prenotati da Booking Engine.

Da qui basta andare avanti ed il sistema automaticamente imposterà le condizioni tali per cui gli utenti che hanno effettuato una prenotazione via Booking Engine saranno inclusi all’interno del gruppo. Un’unica accortezza: nella schermata di definizione del pubblico, è bene modificare la durata di iscrizionela durata dell’appartenenza degli utenti a quel segmento – a 365 giorni o 270 se si tratta di un’attività stagionale. In questo modo ci assicureremo di inserire nel segmento tutti quelli che hanno prenotato durante l’anno o durante tutta la stagione.

Nell’ultimo passaggio, “Destinazioni del Pubblico”, selezionando il proprio account Adwords, il pubblico così creato sarà direttamente pubblicato in Google Adwords.

Analogamente a quanto fatto per l’esclusione delle mail dei prenotati, occorre tornare nell’account Adwords in corrispondenza della Campagna Brand, selezionare la Tab “Segmenti di Pubblico” e da qui la voce “+esclusioni” scegliendo “Elenchi per il Remarketing” e da qui individuare il segmento appena creato:

 

Quale dei due sistemi funziona meglio?

Logicamente se la struttura non ha un Booking Engine oppure questo non è tracciato via Analytics il caricamento degli indirizzi email è una scelta obbligata, nonostante sia dispendiosa in termini di tempo, soprattutto se non si ha un gestionale che consente l’esportazione rapida dei dati dei clienti o un CRM.

Contrariamente, se una quota elevata delle prenotazioni arriva direttamente via Booking Engine conviene optare per la seconda opzione, che oltre ad essere meno time-consuming lascia meno spazio al margine d’errore e non ha vincoli in termini di applicabilità.

 

La seconda parte del contenuto è disponibile qui: https://digitalmarketingturistico.it/6868/google-adwords-per-hotel-gestire-la-concorrenza-delle-ota-seconda-parte/

 

Articolo a cura di Michela Marzoli, Google Adwords Specialist, https://michelamarzoli.com

 

 

Queste e tante altre strategie interessanti verranno prese in esame durante il corso “Strategie di Web Marketing Turistico” del 2 e 3 marzo 2018, la Sesta Edizione consecutiva del corso di formazione interamente dedicato al mondo dell’hospitality.

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