Il banner è la classica “manchette” presente nella maggioranza dei siti web dalla nascita di Internet ad oggi. In genere, riporta nome, logo o immagine dell’azienda inserzionista o di un suo prodotto, e cliccando sul banner l’utente arriva sul sito dell’azienda inserzionista.
Figura 1.5 Primo banner apparso online
Il primo banner pubblicitario della storia di Internet è apparso online il 27 ottobre del 1994, quando fece la sua comparsa la prima immagine promozionale della storia della rete (Singel, 2010). Si trattava di un banner inserito all’interno delle pagine web del sito Hotwired, quello che poi sarebbe diventato l’attuale Wired nell’edizione statunitense. La struttura era molto elementare: un semplice rettangolo con il quale si invitavano i visitatori a cliccare sul banner. Cliccando sul banner si veniva reindirizzati verso il sito della società di telecomunicazioni AT&T.
I cambiamenti che il banner ha subito nel corso degli anni sono molteplici. Oggi esistono sostanzialmente tre tipologie di banner: statici, animati ed interattivi. (Miller, 2011)
I banner statici sono ormai quasi del tutto scomparsi. Sono nati all’inizio dell’era Internet, per riprendere anche sulla Rete il concetto del “cartellone pubblicitario”. Essendo dotati di scarsa flessibilità e di limitate capacità di attrazione, hanno ceduto il passo a formule più interessanti e redditizie.
I banner animati fanno uso di una serie di frame in successione, ciascuno dei quali riportante un testo o un’immagine, con lo scopo di formare un annuncio in sequenza o in loop. Sono più pesanti rispetto ai banner statici, ma offrono l’opportunità di comunicare messaggi più accattivanti in maniera più articolata. Attualmente sono i più utilizzati poiché generano, un click through rate (CTR) più elevato rispetto ai banner statici, anche se è necessario ricordare che l’animazione non garantisce certamente la creatività, che deve essere comunque espressa per catturare l’attenzione del visitatore.
I banner interattivi, anziché condurre direttamente al sito oggetto della campagna pubblicitaria, consentono all’utente di attivare finestre di dialogo contenenti liste o cataloghi; permettono inoltre di esaminare un indice dei contenuti del sito prima di accedervi. Una volta individuato un oggetto di interesse, l’utente deciderà di cliccare ed arriverà direttamente alla pagina interna del sito che tratta quell’argomento specifico. Spesso vengono impiegati per la promozione di pacchetti viaggio oppure servizi finanziari personalizzati. La realizzazione di banner interattivi è più onerosa e tendono, in genere, a ridurre il numero dei contatti, non generando un ingresso automatico al sito. Il banner interattivo permette di profilare maggiormente l’utente in base ai suoi interessi, allo scopo di coinvolgerlo maggiormente e permettergli di “navigare” il banner come fosse una pagina web.
Per valutare l’efficacia di una campagna di banner, generalmente gestita da società pubblicitarie con un proprio circuito di inserzionisti e publisher, si ricorre al concetto di click through (CT): ogni volta che un banner viene cliccato e la pagina a cui è collegato viene visitata si conteggia un CT. Messo a confronto con il numero di impressions (singole visualizzazioni di un banner) che quel banner ha avuto nel singolo sito, genera il click through rate (CTR). Il CTR rappresenta uno dei metodi più utilizzati per verificare la validità di una campagna pubblicitaria di banner. Ad esempio: su 1000 visualizzazioni di un banner all’interno di un sito vengono effettuati 50 click; il CTR ottenuto sarà di 50/1000, ovvero il 5%.
Gran parte del risultato di una campagna pubblicitaria dipende dalle modalità con cui si intende esporre il banner. In particolare:
- la rotazione generale permette di esporre il proprio banner fino a esaurire le proprie impressions (ovvero la quantità di esposizioni acquistate) in un’area generica del portale ospite (spesso l’homepage) in rotazione con banner di altri inserzionisti;
- l’esposizione targhettizzata consente la visualizzazione del proprio banner in base a parametri prestabiliti che consentono di identificare meglio il target di riferimento (ad esempio, una specifica area tematica del sito oppure una determinata fascia oraria);
- l’esposizione programmata a tempo permette di stabilire l’esatto timing della campagna e determina per quanto tempo l’inserzionista sarà presente in determinate aree del sito. Tale modalità si è ormai parzialmente evoluta nella forma di sponsorship.
Un fattore decisivo in termini di successo per una campagna pubblicitaria è la scelta del formato adottato dal banner. Tale scelta avviene in base alle caratteristiche del sito ospitante. Per quanto riguarda le dimensioni, lo Internet Advertising Bureau ha definito dei formati standard per i banner. (IAB, 2011)
Figura 1.6 Formati standard per i banner (IAB, 2011)
Il banner ha talmente assuefatto il visitatore Internet che lo ha reso ormai impermeabile ai messaggi di marketing trasmessi attraverso di esso. Si tratta della banner blindness, ovvero la tendenza ad ignorare le informazioni presenti all’interno del banner. (Benway & Lane, 1998) Il termine è stato coniato diversi anni fa ed ancora oggi le ricerche evidenziano come gli utenti ignorino qualsiasi cosa che possa sembrare pubblicità, anche se in realtà non lo è. In molti casi viene ignorato anche il logo ed il nome del sito. I banner con volti o parti del corpo di persone continuano invece ad avere una buona attrattività. (Jakob Nielsen, 2007)
Figura 1.7 Mappe di eyetracking di alcune pagine web
Da qualche tempo il banner ha perso in parte la sua capacità di portare i visitatori sul sito che promuove: il click through rate (CTR) medio si attesta intorno allo 0,5%. Dal punto di vista del branding, però, rappresenta ancora lo strumento pubblicitario principale, infatti, la maggioranza degli utenti ricorda la marca associata a un determinato messaggio.
Le ricerche hanno dimostrato che i banner vengono considerati dai visitatori come fastidiosi (Drèze & Hussherr, 2003) ed i tassi di conversione sono in costante calo (Hollis, 2005). La causa di questo declino è da attribuire sia alla banner blindness sia ai timori da parte degli utenti sulla gestione della privacy (Goldfarb & Tucker, 2011) da parte dei network pubblicitari.